venerdì 5 settembre 2014

iL VENTO DELL'INTENZIONE ESTERNA

Vi sembra di essere in balia di circostanze che non siete in grado di cambiare.
Di fatto è un’illusione, una finzione che si può smascherare facilmente, a volerlo.
Il fatto è che tutti noi, inconsapevolmente, giriamo attorno a un circolo vizioso: osserviamo la realtà – esprimiamo il nostro rapporto rispetto ad essa – e lo specchio fissa il contenuto di questo rapporto nella realtà. Per trasformare la realtà bisogna uscire da questo circolo.

Guardate la realtà che vi sta intorno e credete che sia impossibile cambiarla. È effettivamente così. Con la vostra intenzione interna cercate di influire sul riflesso, ma non siete in grado di esercitare un’influenza di un certo valore. Da questa parte della specchio le possibilità sono troppo limitate. D’altra parte, siete
in grado di prendere sotto il vostro controllo il vostro rapporto nei confronti della realtà, e così facendo permettete che a occuparsi della situazione sia l’intenzione esterna. Per questa forza non esiste nulla di irrealizzabile. Dall’altra parte dello specchio esistono delle varianti di sviluppo degli eventi che la ragione umana non è nemmeno in grado di sospettare.

Ebbene, per innescare il meccanismo dell’intenzione esterna occorre realizzare il quinto principio speculare: occorre trasferire l’attenzione dal riflesso all’immagine. In altre parole, bisogna prendere il controllo dei pensieri, pensare non a quello che non si vuole e che si vuole evitare, ma a quello che si desidera
e si ambisce raggiungere. Date ancora una volta un’occhiata alla formula del circolo vizioso. L’uomo si muove in senso letterale lungo questo circolo
speculare, come un asino. Legato allo specchio per il tramite del suo modo di rapportarsi alla realtà (e cioè con reazioni primitive nei confronti degli eventi), egli cerca con la stessa leggerezza di raggiungere il riflesso nel tentativo di cambiare in esso qualcosa.

E ora proviamo a girare il circolo speculare all’indietro: esprimiamo il nostro rapporto – lo specchio fissa il contenuto di questo rapporto nella realtà – osserviamo la realtà. Cosa otteniamo? La constatazione primitiva e inutile del riflesso sparisce per lasciare il posto a una constatazione intenzionata e finalizzata dell’immagine. Al posto di esprimere, al solito, insoddisfazione
per quanto visto nello specchio, decido di dargli la schiena e cominciare a formarmi nei pensieri quell’immagine che vorrei vedere. Questa è l’uscita dal labirinto speculare. Il mondo si è fermato, dopodiché mi si è mosso incontro. Ed ecco che io già non corro, ma sto fermo sul posto, e ora è la realtà stessa
a venirmi incontro ed è già un nuovo vento quello che mi soffia sul viso: è il vento dell’intenzione esterna.

Ho fatto tutto esattamente al contrario: ho interrotto il mio insensato inseguimento dell’immagine, ho mollato il mondo e gli ho permesso di districarsi da solo in conformità ai miei pensieri. Il circolo speculare è rimasto comunque chiuso, però ora non sono io a girare in cerchio ma è il circolo a girare da solo, mosso dall’intenzione esterna. A sostituire la mia intenzione interna è sopraggiunta quella esterna, giacché ho rinunciato a ogni tentativo di influire sul riflesso. Semplicemente, ma in modo mirato, formo nei miei pensieri l’immagine che desidero, e lo specchio duale, da solo, incarna in realtà il settore corrispondente dello spazio delle varianti.

L’unica difficoltà sta nella singolarità della situazione. È insolito che l’elemento
“osserviamo la realtà” sia stato spostato alla fine del circolo. L’uomo è più che altro abituato ad agire secondo la regola: “Ripeto quello che vedo”. Egli invia
al mondo la sua visione e il mondo, come un’eco, gli rimanda indietro solo una sostanza svuotata di senso: «Non voglio che piova!» – «Che piova, che piova!»; «Non voglio studiare» –
«Studiare, studiare»; «Non voglio lavorare» – «Lavorare, lavorare
». Come risultato, nella realtà si incarna il contenuto raffinato
del modo di rapportarsi.

Ci si può immaginare il monologo dello specchio, stanco di tutte queste assurdità:
«Stai male. Ho capito, cosa ti serve per sentirti meglio? Non vuoi. Forse ti deciderai finalmente a spiegarmi esattamente quello che desideri?».
«Non ti piace. Su, fammi sapere mio caro, cosa ti serve?».
È tutto molto semplice. Bisogna cambiare il rapporto e trasformarlo da negativo a positivo. Occorre fare un bell’inventario dei pensieri e togliere da lì tutte le negazioni: non soddisfazione, non desiderio, non accettazione, non approvazione, odio, mancanza di fiducia nel successo. Bisogna prendere tutta questa immondizia, metterla in un sacchetto e gettarla nella spazzatura. I vostri pensieri dovranno essere orientati solo su quello che volete e che vi piace fare. Soltanto allora lo specchio renderà un riflesso solo positivo.

È necessario capire che questa nuova realtà favorevole non verrà formata subito. Servono pazienza e consapevolezza. Ora, però, non è come prima: voi non reagite ai fattori della realtà circostante ma prendete il comando di voi stessi e
inviate intenzionalmente al mondo i vostri pensieri- forma. Malgrado l’apparente riflesso negativo, sforzatevi di esprimere un rapporto positivo.
Certo, la situazione è, diciamo, insolita, del resto cos’è meglio: trovarsi in balia delle circostanze come la gente normale o disporre del proprio destino a proprio piacimento? L’umore delle persone si forma come reazione alle circostanze positive o fallimentari che si sono sviluppate.

La tendenza al negativismo, di norma, trattiene la disposizione d’animo a un basso livello, ma bisognerà fare diversamente: crearsi intenzionalmente un umore positivo. Già solo il fatto che sono in grado di gestire la realtà mi basta per sollevare notevolmente lo spirito. Con la mia intenzione scelgo i colori per la mia
realtà; indipendentemente dalle circostanze, mi posiziono su alte note e faccio tutto ciò consapevolmente, non reagisco più primitivamente ai fattori irritanti. Occorre farsi quest’abitudine. Per creare l’umore giusto può venire in aiuto la diapositiva, un’immagine musicale, visiva, a vostra scelta. Idealmente dovrebbe essere una diapositiva che contiene l’immagine del vostro fine portato a compimento e di voi pienamente soddisfatti del risultato.

D’altra parte, tenetevi pronti al fatto che per un po’ di tempo nello strato del vostro mondo non si noteranno cambiamenti di sorta o addirittura si produrranno
eventi spiacevoli. Tenetelo presente ma non scoraggiatevi: si tratta di disagi temporanei, dovuti al “trasloco”, a un nuovo livello di rapporti con la realtà. Sapete, infatti, che lo specchio risponde con un certo ritardo. Quali che siano le circostanze, bisogna continuare a seguire la propria linea e sopportare con pazienza e tranquillità la pausa transitoria, durante la quale non succede niente. Ci si deve comportare come nella favola, dove si dice: «Se ti giri a guardare diventi di pietra!». Anche se nello specchio sta succedendo un caos infernale, io so che non c’è niente da temere: prima o poi in esso si rifletterà proprio quell’immagine che io sto creando nei miei pensieri. Se non cederò alla tentazione di voltarmi e rimarrò fermo sulle mie posizioni, nello specchio si formerà la mia realtà. Andrà tutto come dico io.

Dovete guardare il mondo come se voi aveste già quello che
volete o foste in procinto di averlo. Ricordatevi che lo specchio
materializza quello che è nei vostri pensieri. VZ




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