La sopravvivenza

«È evidente che gli italiani sono disposti a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose e politiche al pericolo di ammalarsi. La nuda vita – e la paura di perderla – non è qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa.» Giorgio Agamben, filosofo

Uno dei concetti principali che vengono insegnati nei CORSI DI RISVEGLIO è proprio la differenza fra l’anima e la personalità, il Sé e la macchina biologica, l’immortale e il mortale, l’infinito e il finito. Alla fine di un ciclo storico l’essere umano si identifica totalmente nella materia – nella carne – e perde sempre di più il contatto con il sacro, lo spirito, il divino. La società desacralizzata porta alla negazione – se non in teoria, comunque di fatto – della trascendenza.


In questo clima di desacralizzazione, anche la religione risulta immiserita di ogni anelito verso il sacro e diviene, come ho puntualizzato in precedenti articoli, un’associazione di utilità sociale e i suoi sacerdoti si riducono al rango di assistenti sociali. Quando il contatto con lo spirito è totalmente perso, i sacerdoti stessi si vantano pubblicamente – a partire dallo stesso capo di questa congrega – della loro umanità mortale e delle loro paure, anziché dalla loro anima immortale e del contatto diretto con Dio.


Nei mesi passati abbiamo visto fino a che punto siamo immersi nella fase finale di questo ciclo storico. Come previsto, la sopravvivenza è divenuta criterio di giudizio per ogni cosa. La biologia batte lo spirito 5 a 0 e lo relega nelle posizioni inferiori della classifica. Sopravvivere a ogni costo è la parola d’ordine, anche se ciò significa sacrificare tutto il resto. E non parlo solo di spirito, ma delle normali manifestazioni di affettività e umanità (avvicinarsi, darsi la mano, abbracciarsi, ecc.). Tutto passa in secondo piano di fronte al “rischio del contagio”.



Limitare la libertà di abbracciarsi dei propri bambini... lavorare otto ore con una mascherina davanti alla bocca... pur di evitare il contagio dei propri anziani. Ricordo ai più distratti che la media dei decessi è sempre restata fra i 79 e gli 80 anni (per i motivi che vengono egregiamente esposti nel libro “CORONAVIRUS– No. Non è andato tutto bene”) a dispetto dei tentativi dei media di creare una “realtà percepita” differente, spettacolarizzando i casi dei pochi deceduti che si discostavano dalla media.



In questi mesi ho chiesto a diverse persone, quando magari mi invitavano a stare a distanza o a mettere la mascherina: «Ma lei ha paura di morire? Cosa deve fare di così importante?»

È una domanda che spiazza, soprattutto se fatta in coda all’ipermercato.

«Perché, lei no?»

«No – rispondevo io – io potrei andarmene oggi».

«Non ha figli?»

«Sì, li ho, ma credo che se la caveranno anche senza di me. Non credo di essere indispensabile per qualcuno. Penso che la vita sappia meglio di me cosa è giusto».



Altri invece spostavano il discorso sull’altruismo: «Io non ho paura di morire, ma ho paura di infettare qualcuno che poi muore, per esempio i miei genitori, che sono anziani. Lei no? Allora è un egoista. Se non lo fa per lei, lo faccia almeno per gli altri».

Quando la buttano sull’altruismo, è difficile ribattere, comunque ci si prova: «Non sono egoista. Credo che ognuno se ne vada quando se ne deve andare. In ogni caso, penso sia sufficiente tenere a distanza le categorie a rischio, ma credo sia inutile far lavorare tutti gli operai d’Italia... e mandare a scuola tutti i bambini... con la mascherina».

Sia detto per inciso, la paura che muoiano i nostri cari e la paura della nostra stessa morte, hanno la medesima radice interiore: l’incapacità di percepire l’infinito, la scarsità della fede nella perfezione della vita.

Scrivo questo articolo per farvi comprendere che questo processo di desacralizzazione è previsto (accade ciclicamente) ed è naturale. Il punto è che viene utilizzato da determinate “forze” per acquisire più potere in seno all’umanità. Le paure legate alla sopravvivenza vengono incrementate e sfruttate per togliere libertà alle folle, che fin da prima di Atlantide sono sempre state “folle di schiavi”. Non tutti aspirano – né possono aspirare – alla libertà.


Se noi siamo realmente in grado di svincolarci da queste paure e sentiamo di poter costruire una società alternativa, allora dobbiamo lavorare su noi stessi, INDIPENDENTEMENTE DALLE CONDIZIONI ESTERNE, CON FEDE INCROLLABILE.

Le condizioni esterne peggioreranno ancora, perché si arriverà alla dittatura totale, mascher(in)ata da democrazia, con tanto di arresti e deportazioni dei dissidenti, che non verranno operati in segreto, ma sotto gli occhi di tutti, in quanto saranno percepiti dalle folle come “atti giusti, operati per il bene della società”, perché i dissidenti saranno additati dai media come cattivi (gli xenofobi, gli omofobi, i sovranisti, i no-vax, i negazionisti del virus... queste sono le categorie della nuova dissidenza).

Allora solo il lavoro su voi stessi potrà salvarvi. La capacità di vedere la Bellezza, restare nella serenità, non chiudere mai il Cuore in favore della sopravvivenza... risulteranno preziose negli anni a venire, affinché possiate crearvi la vostra personale realtà all’interno della realtà collettiva distopica, secondo il principio della Legge di Attrazione.

Salvatore Brizzi

[Il mondo è bello, siamo noi ad esser ciechi]

La via del Transurfer - https://faregruppo.blogspot.it

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