Come gli ormoni dello stress prendono il controllo
Da un punto di vista scientifico, vivere sotto stress significa essere in modalità di sopravvivenza. Quando percepiamo una circostanza stressante che ci minaccia (e di cui non possiamo prevedere o controllare l’esito), viene attivato il sistema nervoso primitivo chiamato sistema nervoso simpatico, e l’organismo mobilita un’enorme quantità di energia in risposta all’agente stressante. Dal punto di vista fisiologico, il corpo attinge automaticamente alle risorse che gli servono per affrontare il pericolo.
Le pupille si dilatano per vedere meglio; la frequenza cardiaca e respiratoria aumenta, così possiamo scappare, lottare o nasconderci; una maggiore quantità di glucosio viene rilasciata nel sangue per fornire più energia alle cellule; il flusso sanguigno confluisce alle estremità, lontano dagli organi interni, in modo da poterci muovere più velocemente. L’adrenalina e il cortisolo inondano i muscoli, trasmettendo una scarica di energia per scappare o respingere l’agente stressante. La circolazione nel cervello passa dal prosencefalo al rombencefalo, quindi abbiamo una minore capacità di pensare in modo creativo e ci affidiamo all’istinto per reagire prontamente.
Nel caso di Anna, la notizia stressante del suicidio del marito gettò il suo cervello e il suo corpo in uno stato di sopravvivenza. Nel breve periodo, tutti gli organismi possono sopportare condizioni avverse combattendo, nascondendosi o scappando da un fattore stressante incombente. Ognuno di noi è progettato per gestire lo stress a breve termine. Quando l’evento è passato, l'organismo di solito torna in equilibrio in poche ore, aumentando i livelli di energia e ripristinando le risorse vitali. Ma quando lo stress non termina nel giro di qualche ora, il corpo non torna più in equilibrio. In realtà, nessun organismo in natura può sopportare di vivere in modalità d’emergenza per lunghi periodi.
A causa dei nostri grandi cervelli, noi esseri umani siamo in grado di pensare ai nostri problemi, rivivere eventi del passato o persino prevedere accadimenti nefasti, attivando così gli ormoni dello stress con il solo pensiero. Possiamo influire sulla fisiologia del corpo e del cervello semplicemente pensando a un passato fin troppo familiare o cercando di controllare un futuro imprevedibile.
Ogni giorno, Anna continuava a rivivere quel momento nella mente. Non si rendeva conto che il suo corpo non riusciva a distinguere tra l'evento originario che aveva creato la risposta di stress e il ricordo di quell’evento, che innescava di nuovo le medesime emozioni dell'esperienza reale. Anna produceva le stesse sostanze chimiche, come se l'evento continuasse a verificarsi ripetutamente. Rievocando in continuazione l’esperienza, senza volerlo ancorava il corpo e il cervello nel passato.
Le emozioni sono le conseguenze chimiche delle esperienze vissute. Quando i nostri sensi registrano le informazioni in entrata dall'ambiente, gruppi di neuroni si organizzano in reti. Il cervello produce una sostanza chimica che viene poi inviata in tutto l’organismo. Questa sostanza chimica è chiamata emozione. Ricordiamo meglio gli eventi quando riusciamo a ricordare anche come ci sentivamo. Più forte è il quoziente emotivo di un evento, che sia positivo o negativo, più forte è il cambiamento nella nostra chimica interna. Quando osserviamo un cambiamento significativo dentro di noi, il cervello presta attenzione a chi o che cosa lo sta provocando fuori di noi, ed è come se scattasse una foto dell’esperienza esterna. Questo è un ricordo.
Pertanto, il ricordo di un evento può rimanere impresso a livello neurologico nel cervello, e quella scena resta sospesa nel tempo nella nostra materia grigia, come è successo ad Anna.
La combinazione di persone o oggetti in un dato tempo e in un dato luogo viene impressa nella nostra struttura neurale come un’immagine olografica. E così che creiamo un ricordo a lungo termine. Di conseguenza, l’esperienza rimane fissata nei circuiti neurali e l’emozione viene immagazzinata nel corpo, ed è così che il nostro passato diventa la nostra biologia. In altre parole, quando viviamo un evento traumatico, tendiamo a pensare a livello neurologico all’interno del circuito di quell’esperienza e a sentire a livello chimico entro i confini delle emozioni legate a quel fatto, così il nostro stato d’essere (ossia come pensiamo e come ci sentiamo) rimane bloccato a livello biologico nel passato.
Come puoi immaginare, Anna stava provando una serie di emozioni negative: infinita tristezza, dolore, lutto, senso di colpa, vergogna, disperazione, rabbia, odio, frustrazione, risentimento, shock, paura, ansia, preoccupazione, senso di sopraffazione, angoscia, disperazione, impotenza, isolamento, solitudine, incredulità e tradimento. E nessuna di queste emozioni sparì velocemente. Analizzando la propria vita nel quadro delle emozioni del passato, soffriva sempre di più. Siccome non riusciva a pensare più in grande di come si sentiva costantemente, e poiché le emozioni erano un prodotto del passato, Anna stava sempre peggio. Essendo una psicoterapeuta, capiva a livello razionale e intellettuale cosa le stava succedendo, ciononostante non riusciva a superare la sofferenza.
I suoi conoscenti cominciarono a trattarla come la donna che aveva perso il marito, e questa divenne la sua nuova identità. Associava ricordi ed emozioni alla ragione per cui era nello stato attuale. Quando qualcuno le chiedeva perché stesse così male, raccontava la storia del suicidio, rivivendo ogni volta il dolore, l’angoscia e la sofferenza. Anna continuava ad attivare gli stessi circuiti cerebrali e a riprodurre le medesime emozioni, programmando ulteriormente il corpo e il cervello a rimanere nel passato. Ogni giorno pensava, agiva e sentiva come se il passato fosse ancora vivo. E dato che il nostro modo di pensare, agire e sentire costituisce la nostra personalità, quella di Anna era completamente creata dal passato. Da un punto di vista biologico, raccontando ripetutamente la storia del suicidio del marito, Anna non riusciva a superare l’accaduto.
Questo testo è estratto dal libro "Diventa Supernatural".
La via del Transurfer - https://faregruppo.blogspot.it
Le pupille si dilatano per vedere meglio; la frequenza cardiaca e respiratoria aumenta, così possiamo scappare, lottare o nasconderci; una maggiore quantità di glucosio viene rilasciata nel sangue per fornire più energia alle cellule; il flusso sanguigno confluisce alle estremità, lontano dagli organi interni, in modo da poterci muovere più velocemente. L’adrenalina e il cortisolo inondano i muscoli, trasmettendo una scarica di energia per scappare o respingere l’agente stressante. La circolazione nel cervello passa dal prosencefalo al rombencefalo, quindi abbiamo una minore capacità di pensare in modo creativo e ci affidiamo all’istinto per reagire prontamente.
Nel caso di Anna, la notizia stressante del suicidio del marito gettò il suo cervello e il suo corpo in uno stato di sopravvivenza. Nel breve periodo, tutti gli organismi possono sopportare condizioni avverse combattendo, nascondendosi o scappando da un fattore stressante incombente. Ognuno di noi è progettato per gestire lo stress a breve termine. Quando l’evento è passato, l'organismo di solito torna in equilibrio in poche ore, aumentando i livelli di energia e ripristinando le risorse vitali. Ma quando lo stress non termina nel giro di qualche ora, il corpo non torna più in equilibrio. In realtà, nessun organismo in natura può sopportare di vivere in modalità d’emergenza per lunghi periodi.
A causa dei nostri grandi cervelli, noi esseri umani siamo in grado di pensare ai nostri problemi, rivivere eventi del passato o persino prevedere accadimenti nefasti, attivando così gli ormoni dello stress con il solo pensiero. Possiamo influire sulla fisiologia del corpo e del cervello semplicemente pensando a un passato fin troppo familiare o cercando di controllare un futuro imprevedibile.
Ogni giorno, Anna continuava a rivivere quel momento nella mente. Non si rendeva conto che il suo corpo non riusciva a distinguere tra l'evento originario che aveva creato la risposta di stress e il ricordo di quell’evento, che innescava di nuovo le medesime emozioni dell'esperienza reale. Anna produceva le stesse sostanze chimiche, come se l'evento continuasse a verificarsi ripetutamente. Rievocando in continuazione l’esperienza, senza volerlo ancorava il corpo e il cervello nel passato.
Le emozioni sono le conseguenze chimiche delle esperienze vissute. Quando i nostri sensi registrano le informazioni in entrata dall'ambiente, gruppi di neuroni si organizzano in reti. Il cervello produce una sostanza chimica che viene poi inviata in tutto l’organismo. Questa sostanza chimica è chiamata emozione. Ricordiamo meglio gli eventi quando riusciamo a ricordare anche come ci sentivamo. Più forte è il quoziente emotivo di un evento, che sia positivo o negativo, più forte è il cambiamento nella nostra chimica interna. Quando osserviamo un cambiamento significativo dentro di noi, il cervello presta attenzione a chi o che cosa lo sta provocando fuori di noi, ed è come se scattasse una foto dell’esperienza esterna. Questo è un ricordo.
Pertanto, il ricordo di un evento può rimanere impresso a livello neurologico nel cervello, e quella scena resta sospesa nel tempo nella nostra materia grigia, come è successo ad Anna.
La combinazione di persone o oggetti in un dato tempo e in un dato luogo viene impressa nella nostra struttura neurale come un’immagine olografica. E così che creiamo un ricordo a lungo termine. Di conseguenza, l’esperienza rimane fissata nei circuiti neurali e l’emozione viene immagazzinata nel corpo, ed è così che il nostro passato diventa la nostra biologia. In altre parole, quando viviamo un evento traumatico, tendiamo a pensare a livello neurologico all’interno del circuito di quell’esperienza e a sentire a livello chimico entro i confini delle emozioni legate a quel fatto, così il nostro stato d’essere (ossia come pensiamo e come ci sentiamo) rimane bloccato a livello biologico nel passato.
Come puoi immaginare, Anna stava provando una serie di emozioni negative: infinita tristezza, dolore, lutto, senso di colpa, vergogna, disperazione, rabbia, odio, frustrazione, risentimento, shock, paura, ansia, preoccupazione, senso di sopraffazione, angoscia, disperazione, impotenza, isolamento, solitudine, incredulità e tradimento. E nessuna di queste emozioni sparì velocemente. Analizzando la propria vita nel quadro delle emozioni del passato, soffriva sempre di più. Siccome non riusciva a pensare più in grande di come si sentiva costantemente, e poiché le emozioni erano un prodotto del passato, Anna stava sempre peggio. Essendo una psicoterapeuta, capiva a livello razionale e intellettuale cosa le stava succedendo, ciononostante non riusciva a superare la sofferenza.
I suoi conoscenti cominciarono a trattarla come la donna che aveva perso il marito, e questa divenne la sua nuova identità. Associava ricordi ed emozioni alla ragione per cui era nello stato attuale. Quando qualcuno le chiedeva perché stesse così male, raccontava la storia del suicidio, rivivendo ogni volta il dolore, l’angoscia e la sofferenza. Anna continuava ad attivare gli stessi circuiti cerebrali e a riprodurre le medesime emozioni, programmando ulteriormente il corpo e il cervello a rimanere nel passato. Ogni giorno pensava, agiva e sentiva come se il passato fosse ancora vivo. E dato che il nostro modo di pensare, agire e sentire costituisce la nostra personalità, quella di Anna era completamente creata dal passato. Da un punto di vista biologico, raccontando ripetutamente la storia del suicidio del marito, Anna non riusciva a superare l’accaduto.
Questo testo è estratto dal libro "Diventa Supernatural".
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